martedì 8 febbraio 2011

Assaggio n.1

A seguito delle molte richieste pervenute e per ringraziare i miei (futuri) lettori ed estimatori mi sono convinto che è quanto meno indispensabile inziare a fornire qualche assaggio della nuova versione del libro.

Pertanto, bando alle ciance ed ecco qui di seguito uno stralcio di uno dei primi capitoli completamente inediti. Buona lettura!

L’aereo atterrò giovedì sera all’aeroporto José Martì. Il volo fu tranquillo, a parte uno scalo a Cayo Largo dove rischiammo di ribaltarci per un improvviso colpo di vento laterale al momento di toccare la pista. Finalmente mi liberavo anche di due passeggeri sui quarant’anni seduti dietro di me, i cui discorsi sprezzanti e ostentati ad alta voce su come avrebbero trascorso la vacanza a Cuba, su quante cubane si sarebbero portati a letto, su quanto avrebbero mangiato e bevuto grazie ai quattrini che si portavano appresso, lasciavano intendere più che bene quale fosse il loro livello culturale e la considerazione che avevano per le persone. Mi chiedevo perché certa gente doveva spendere tanti soldi per un biglietto aereo e per un soggiorno in hotel quando avrebbe potuto trovare ciò che cercava molto più vicino a casa propria. Soprattutto mi chiedevo perché quei due dovessero parlare così ad alta voce, dato che nessuno aveva espresso il benché minimo desiderio di sapere i fatti loro.

Il fratello di Maribel, Luis, mi stava aspettando e con lui c’erano anche Gonzalo, lo zio tuttofare, e Felix, un cugino che viveva a L’Avana e aveva l’auto, una vecchia Moskvich. Uscii facilmente dal controllo passaporti perché avevo un visto di tipo familiare, il cosiddetto A-2, che permetteva di soggiornare a casa di parenti senza dover obbligatoriamente servirsi delle strutture turistiche: dopo aver sbrigato le pratiche per la residenza non mi sarebbe più servito. In seguito sarei anche dovuto andare all’Ambasciata italiana per iscrivermi all’anagrafe dei residenti all’estero, come mi avevano ricordato gli impiegati degli uffici comunali dell’anagrafe di Torino quando ero andato a chiedere informazioni tempo prima.

Luis e Gonzalo avevano fatto il viaggio da Niquero a bordo di un camion con il quale avremmo dovuto trasportare tutta la mia roba. Era un camion di un’impresa agricola statale che Maribel aveva noleggiato, secondo degli accordi più o meno chiari che non ero mai riuscito a capire. In effetti l’unico modo per effettuare dei trasporti privati a Cuba era quello, dato che non c’erano imprese di traslochi a disposizione delle persone comuni. E non c’erano nemmeno le Pagine Gialle da poter consultare, come avevo fatto qualche settimana prima in Italia.

Purtroppo quella sera non fu possibile ritirare i miei pacchi, perché era troppo tardi e la dogana per il ritiro delle merci era già chiusa: avremmo dovuto ritentare il giorno dopo. Come se non bastasse, il camion non era nemmeno disponibile perché si trovava, inspiegabilmente e contro la nostra volontà, alla Isla de la Juventud, molto lontano da dove eravamo noi, ma i due autisti avevano lasciato detto a Luis che sarebbero stati di ritorno all'indomani. Fu un contrattempo che non presagiva niente di buono.

Salimmo tutti e quattro sulla Moskvich e ci dirigemmo verso la città. Durante il percorso, per sdebitarmi, dissi a Felix di fermarsi ad un distributore di benzina, così gli avrei pagato il pieno di carburante e dal sedile posteriore gli porsi un biglietto da cinquanta dollari. Con indifferenza rispose qualcosa che non riuscii a capire

“Che ha detto?” chiesi a Luis.

“Dice che il rifornimento lo facciamo dopo” rispose, intendendo dire che il rifornimento l’avrebbe fatto in un altro momento, comprando il carburante dove era più conveniente, cioè presumibilmente al mercato nero...



Image: Tim Beach / FreeDigitalPhotos.net

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