giovedì 17 febbraio 2011

Assaggio n.2

Sabato mattina mi svegliai presto. Bella, con la sua consueta e gradevole premurosità, mi preparò la colazione: delle gustose fette di pane con la marmellata e del caffè. Gonzalo, sempre attivo ed efficiente, era già in piedi da molto tempo prima di me. Attendemmo l’arrivo del camion, come da accordi della sera prima, senza particolare preoccupazione poiché eravamo convinti che non ci sarebbero più stati intoppi. Cosa sarebbe potuto succedere ancora? Assolutamente niente: i due autisti dovevano solo alzarsi, bere il caffè, prendere il camion e venire a prenderci.

Continuavamo ad attendere, sempre senza particolare preoccupazione, perché tra cubani era normale dare un appuntamento per una certa ora e poi arrivare con un’ora e mezza di ritardo.

Quando, però, le ore di ritardo divennero due la preoccupazione iniziò a farsi sentire e diventò delusione certa quando uno degli autisti telefonò per dirci che il camion era fermo per manutenzione e che quel giorno non saremmo potuti partire. Si doveva rinviare il viaggio al giorno seguente.

Nel frattempo Maribel mi aveva già chiamato due volte e non fu contenta di sentirsi dire che avremmo tardato. Anch’io non lo ero affatto, ma pensai che sottoporre il camion a manutenzione prima di un lungo viaggio era una misura di sicurezza che, tutto sommato, valeva la pena affrontare.

Nel pomeriggio approfittai del tempo a disposizione per andare in uno dei supermercati della zona, chiamato “Quinta y 42” dal nome delle due vie al cui incrocio si trovava, nel quartiere Miramar. Gonzalo mi accompagnò. Dovevo comprare della pittura murale per la casa di Niquero, che aveva bisogno di un ritocco estetico. Non l’avevo portata dall’Italia perché non sapevo come imballare dei secchi da quattordici litri di pittura e temevo che aprendosi durante il lungo viaggio avrei causato dei danni incalcolabili. Ritenni quindi che a L’Avana avrei più facilmente trovato quello che cercavo. Il supermercato era molto frequentato: inaspettatamente scoprii che la maggior parte dei clienti erano cubani e la cosa che mi colpì di più fu che molti di loro non badavano a spese. Un normale stipendio statale non avrebbe permesso di comprare più di due bottiglie di olio di semi di girasole, un tubo di dentifricio e qualche saponetta (articoli molto richiesti dalla maggior parte della popolazione e che si esaurivano rapidamente sugli scaffali): mi chiedevo, quindi, come facevano alcuni a presentarsi alla cassa con due bottiglie di rum di marca e pagare con biglietti da cinquanta dollari, ostentando abbigliamento esclusivo e catene e bracciali d’oro che valevano come tre anni di stipendio...

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